Un piccolo resto…

In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati diversi anni fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.

Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti.

Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.

Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.

Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.

Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”

Il rabbino capo di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale

13 febbraio 1945: Israele Zolli, già Rabbino capo di Roma, viene battezzato.

Dimessosi dalla carica di Rabbino, il professor Zolli, da anni segretamente divenuto cristiano e fatto oggetto di visioni e locuzioni da parte del S. Cuore, per essere infine conquistato dall’opera di salvataggio degli Ebrei romani portata avanti da Pio XII nei funesti mesi del 1943, già dalla fine dell’anno precedente si era liberato da ogni impegno per potersi preparare seriamente a ricevere il Battesimo, assieme a sua moglie Emma.

Il Battesimo viene amministrato da mons. Traglia, arciv. di Cesarea di Palestina e Vicegerente dell’Urbe, il 13 febbraio 1945, in forma strettamente privata, nella cappella attigua alla sagrestia di S. Maria degli Angeli.

Il gesuita Padre Dezza scriverà: “Eravamo fra tutti una quindicina di persone, tra cui P. Agostino Bea. Israele prese il nome di Eugenio, per riconoscenza a Pio XII… e la moglie aggiunse al suo nome Emma quello di Maria.” Ritornato nella sua abitazione, Zolli sarà improvvisamente svegliato durante la notte dal corrispondente di un’agenzia stampa americana il quale chiedeva di smentire o confermare la notizia del battesimo. Zolli, meravigliato e stupito, semplicemente risponde che non può smentire la notizia sicchè la mattina seguente i giornali a Roma, in America e in altre nazioni pubblicano la singolare notizia del Gran Rabbino di Roma convertito al cattolicesimo.

Qualche giorno dopo, nella cappella della Gregoriana, dove verrà chiamato ad insegnare presso il Pont. Ist. Biblico, Zolli riceve con la moglie la Cresima, dall’ex vescovo di Trieste Mons. Fogar, che veva conosciuto al tempo della sua permanenza in quella città, e la Prima Comunione da padre Dezza.

Qualche giorno dopo viene ricevuto in udienza privata da Pio XII.
Durante la sua permanenza alla Gregoriana, Zolli riceverà numerose visite di amici e nemici, tra cui alcuni ebrei americani, che faranno pressione per un suo ritorno all’Ebraismo, offrendogli qualunque somma egli desiderasse.

Offerte che egli tranquillamente rifiuterà, sino alla morte avvenuta il 2 marzo 1956 (ricorrenza dell’80° compleanno di papa Pacelli).
Le sue ultime parole, dopo aver ricevuto il Viatico, saranno: «Spero che il Signore mi perdonerà i miei peccati. Per il resto mi affido a Lui».

(Eleuterio Favella, dalla sua pagina Facebook, 13/2/2024)

Vivere senza chiarezza interiore

Le persone vivono spesso in preda all’insoddisfazione, perché hanno una mente divisa in due. Consapevolmente o no, stanno tentando di mirare a due cose diverse in una sola volta.

Cercano la soddisfazione completa in un mondo fatto di cose precarie e limitate: la fortuna, l’onore personale o il potere, il divertimento e il piacere.

Un tale approccio strabico – che ricerca la perfezione e insiste a cercarla nell’imperfetto – conduce al disorientamento e alla distruzione spirituale.

Invece, per essere armoniosi e interiormente unificati bisogna prendere la decisione sincera di accettare l’oltre e di incamminarsi nel mondo dello spirito.

Come ha osservato saggiamente Søren Kierkegård: “Nessuna persona è salvata se non per grazia, ma c’è un peccato che rende impossibile la grazia, ed è la disonestà [interiore].”

Il primo beato del Sudafrica

Il 2 febbraio 1990 muore martire a Mbahe, in Sudafrica, Benedict Daswa.

Nato in una tribù che seguiva tradizioni ebraiche, a 17 anni Benedict si convertì al cattolicesimo e divenne presto catechista.

Sposatosi, ebbe 8 figli.

Morì perché rifiutò di contribuire all’effettuazione di riti stregoneschi; la sua partecipazione sarebbe consistita nel pagare una tassa agli stregoni affinché si ricompensasse uno sciamano che avrebbe dovuto cacciare una strega che, secondo loro, era stata responsabile delle tempeste che avevano devastato l’area nell’autunno del 1989.

Conscio che nessun cattolico possa prendere parte a questi riti, disse no e per questo venne ucciso.

Venne lapidato e per esser certi che fosse morto gli versarono acqua bollente nelle orecchie e nelle narici.

I suoi assassini sono rimasti ignoti.